Omelia di Padre Onorio per il suo 47° anniversario di sacerdozio

Il Sacerdozio ministeriale: una vocazione vissuta per gli altri, vissuta per voi!

 

Una caratteristica dominante nel celebrare ogni anno l’anniversario della mia Ordinazione Sacerdotale è certamente l’entusiasmo vivo che — come 47 anni fa – mi accompagna e mi contraddistingue per la scelta fatta gia all’età di 10 anni quando sono entrato nel Seminario di Palermo il 20 ottobre del 1953.

In questi anni il magistero della Chiesa e le direttive particolari dei nostri Vescovi ci hanno educati ed incoraggiati a stare dentro la storia, dentro la società, tra i problemi della gente, le famiglie della Parrocchia, i problemi dei giovani ed il loro pieno inserimento nella comunità. Non siamo stranieri nella società di oggi anche se abbiamo abbondantemente passato “gli anta”. Abbiamo un messaggio forte e sempre nuovo da portare, quello del Vangelo e della sua radicalità. Senza il Vangelo e senza la Presenza del Signore, la società sarebbe più povera. Senza il ministero ed il servizio Sacerdotale le nostre comunità e le nostre famiglie sarebbero davvero più povere, più sole. Nostro compito primario e donare a tutti l’entusiasmo del Vangelo, insegnando soprattutto alle giovani generazioni, con la nostra vita, che è bello essere Sacerdote ed e una chiamata grande quella di dare la vita per gli altri, una chiamata che ti cambia davvero la vita. Essere prete caratterizza tutta una vita nel segno positivo fin dal giorno della prima Messa. “Sacerdos , celebra Missum ut primam, ut unicam, ut ultimam”! Quanta intensità di preghiera in quei momenti. In essi ho potuto gustare, sin dal primo giorno, tutta la novità e la bellezza dell’essere Sacerdote: ministro dell’altare e servitore dei fratelli.

Non una scelta nostra ma un dono che rende sensibili alla voce dei poveri. Nella Parola di Dio vi si trova infatti la constatazione che l’uomo non può essere fermo, il suo cuore ha bisogno di una direzione sicura nel cammino della vita , ha bisogno di alzare lo sguardo verso Dio. E’ Lui stesso che trasforma questo vagare della ricerca umana in un cammino per trovare la vera pace. Seguendo la voce di Dio , ogni uomo può trovare la stella polare del suo pellegrinaggio terreno. Quando poi personalmente chiama a seguirlo e si risponde positivamente, (e il nostro desiderio di stare con il Maestro), allora e un entrare in sintonia con la sua volontà ed il suo disegno su ciascuno di noi. La

preghiera cristiana deve sempre sostenere ed accompagnare chi ha voluto rispondere con entusiasmo alla chiamata di Dio. Ogni vocazione umana e vocazione. C’è un disegno di amore su

ciascuno di noi e tutti siamo invitati a realizzarlo in pienezza. Ma farsi prete significa riconoscere il primato di Dio in ogni attività pastorale ed in modo del tutto particolare significa riconoscere che la chiamata, la vocazione ad essere collaboratori del Figlio nel ministero di salvezza, viene unicamente da Dio, significa riconoscere la sua signoria sulla messe. Il Sacerdote è proprio colui che deve diventare come Cristo: “Sacerdos alter Christus”, l’agnello senza timori ed angosce per andare in mezzo ai lupi a portare la pace, a guarire ogni sorta di malattie dell’anima e ad annunciare la vicinanza del regno di Dio. Trasfigurati in Cristo, partecipi della sua passione e morte redentrice, abbassamento ed umiliazione, ma incamminati verso la sua gloria. Non c’è altra gloria di cui il prete possa vantarsi. Papa Benedetto XVI ha esortato i Sacerdoti a rifuggire l’ambizione o il successo personale, perché cosi non amerebbero veramente Dio ed il prossimo, ma amerebbero solo se stessi, fraintendendo alla radice il senso del proprio ministero. “Signore, che cosa ti renderò per quello che mi hai dato? Innalzo le mie mani con un calice ricolmo di gioia e con tutte le mie forze grido: – Grazie, infinitamente grazie, grazie per ciò che sei per me, grazie Gesù, grazie Gesù, Amen, Alleluja!

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Il Parroco, Padre e Pastore!

Il Parroco è il Pastore della Comunità affidatagli dal Signore per mezzo del Vescovo. Una dote essenziale del Pastore è senza dubbio la Paternità. Egli deve essere, nei riguardi dei fedeli, un padre che li esorta, li incoraggia, li scongiura di comportarsi in maniera degna della loro vocazione. È questo il servizio che genera ed educa alla fede il popolo affidato alle sue cure pastorali. Ora si sa bene che non si genera e non si aiuta a crescere senza sofferenza, senza apprensione, senza trepidazione, senza incomprensioni, senza delusioni, senza fallimenti. Quanti dispiaceri custoditi nel cuore offerti nei gemiti della preghiera, portati e supportati in solitudine, perché così esigono la prudenza e la carità di un padre.

Quanta fatica per correggere, per coordinare e mettere in comunione. Quanti sogni infranti, quante speranze deluse nel desiderio di valorizzare doni, di fra fruttificare talenti, di rendere più santa e più bella la chiesa, sposa di Cristo. Ma anche la sofferenza è importante nel servizio del Parroco: – perché purifica ed affina la sua paternità e fa da fertilizzante al suo ministero di padre. E quando il Parroco teme di non farcela, il Maestro Divino lo rassicura dicendogli: “Ti basta la mia grazia!” Illuminato dalla Parola, confortato dallo Spirito, sorretto dalla Grazia, sostenuto ed incoraggiato dai fedeli, dirà con l’Apostolo Paolo: “tutto posso in Colui che mi dà la grazia”. Grande la paternità: come ci cambia, quante cose essa ci insegna, come ci unisce e come ci sfida.